Prendere corpo nel XXI secolo: ragazze adolescenti e disturbi del comportamento alimentare

  • Posted on: 9 February 2020
  • By: Dr.ssa Elena Villa

I disturbi del comportamento alimentare più noti sono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, dove l’aggettivo “nervosa” indica la natura psichica del disturbo.
Essi si caratterizzano per un’alterazione delle abitudini alimentari (restrizioni dietetiche nell’anoressia, episodi di abbuffate seguiti da condotte compensatorie nella bulimia) e una marcata preoccupazione per il peso e le forme del corpo, che influisce eccessivamente sui livelli di autostima. Mentre l’anoressia è in genere un disturbo egosintonico (la persona non lo avverte come un problema), i sintomi della bulimia sono, invece, egodistonici, (il soggetto spesso nasconde il suo disturbo per vergogna).
I disturbi del comportamento alimentare insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il genere femminile.
Per comprendere questi dati è necessario conoscere le caratteristiche della fase della vita che chiamiamo adolescenza e del nuovo contesto sociale in cui viviamo.

Il compito evolutivo fondamentale dell’adolescente è quello di definire la propria identità, in modo positivo e stabile. Per far questo è necessario sviluppare delle solide sicurezze interne, fondate sulla possibilità di riconoscere i propri bisogni (in senso lato, da quelli materiali a quelli psicologici) e le proprie risorse per rispondervi.
Oggi però la realizzazione di questo compito fase-specifico dell’adolescenza sembra incontrare ostacoli nuovi rispetto al passato.
La manipolazione del corpo è espressione di una normale regressione che riguarda il modo di comunicare in questo periodo del ciclo di vita. Oggi però i mass media e i social bombardano di stimoli sensoriali audiovisivi che istigano oltremodo ad usare il corpo per parlare di sé e favoriscono l’uso di una forma concreta di pensiero. Questo ostacola l’elaborazione simbolica di contenuti non solo cognitivi, ma anche emotivi, con conseguente difficoltà ad elaborare vissuti e sentimenti.
L’adattamento psichico al nuovo corpo appare quindi più difficile che in passato.
Anche l’emancipazione dalla vecchia rete di relazioni familiari infantili è più ardua rispetto a pochi decenni fa. La famiglia oggi sembra essere più preoccupata di crescere figli “felici” (evitandogli il più possibile dolore mentale e frustrazioni e cercando di saturare ogni desiderio prima che esso possa emergere) che avente l’obiettivo di trasmettere anche norme e regole sociali. In questo modo però l’adolescente non sa con chi scontrarsi, manca lo stimolo a crescere, il sano scontro generazionale, l’acquisizione della consapevolezza del “limite”.
Anche il nuovo contesto sociale non aiuta la definizione della propria identità adulta, soprattutto per le ragazze, dati i modelli di femminilità vecchi e nuovi contrastanti.
Esse, infatti, crescono imparando ad attribuire molta importanza a valori considerati tradizionalmente maschili, quali l’ascesa, il successo sociale, la competitività.
Alle soglie della pubertà, quando il corpo rivela i segni della potenzialità materna, essa richiama però l’antico ruolo femminile (di moglie e madre), subordinato a quello maschile, e anche una potenzialità materna che è attualmente svalutata (minor numero di figli e messi al mondo più tardi) ed anche in contrasto con il modello estetico attuale.
C’è dunque una difficoltà ad integrare più ruoli, il sé sociale, con quello femminile e con quello materno, vissuti come incompatibili.
In aggiunta, i mass media espongono ad un continuo proliferare di immagini di corpi magri e di consigli dietetici, favorendo il fatto che i disturbi del comportamento siano “di moda”.
In quest’ottica, infatti, il corpo magro rappresenta una sorta di mediazione su due livelli: permette di realizzare in modo illusorio sia il desiderio di dipendenza (ricorda il corpo infantile) che quello di autonomia (esercitando il controllo sul corpo l’adolescente ha l’impressione di esercitarlo sulla propria vita); in più, il corpo magro è contemporaneamente maschile (scattante, competitivo) e femminile (realizza l’ideale estetico femminile).
Alla luce di questo, è quindi possibile affermare che i disturbi del comportamento alimentare rappresentino una soluzione di compromesso, anche se disfunzionale, per affrontare i compiti di sviluppo fase-specifici da parte dell’adolescente.
In questo modo, infatti, si sposta sul corpo in trasformazione il malessere che si prova di fronte al cambiamento dallo status di bambino a quello di “adulto”. Il disagio deriva principalmente dai vissuti collegati ai bisogni, che generano ansia in quanto evocano sensazioni di passività e di perdita di controllo. Uno dei modi di reagire è quindi cercare di riprendere padronanza attraverso modalità di iper-controllo, tentativi di esercitare un controllo onnipotente sul corpo, che è la manifestazione più evidente del cambiamento.
Così l’adolescente, in modo illusorio, nega i bisogni, ad esempio quello della fame (attraverso la dieta), o cerca di eliminare lo stato di bisogno (si abbuffa e poi butta fuori).
I disturbi del comportamento alimentare danno quindi all’adolescente l’illusione di realizzare i compiti di sviluppo, rappresentando però in realtà uno scacco del processo di definizione della propria identità. L’alterazione della condotta alimentare è dunque solo una conseguenza.

Per il trattamento clinico dei disturbi del comportamento alimentare è sempre necessaria una buona valutazione degli aspetti psichici, ma anche del rischio fisico implicato. Spesso la presa in carico doppia (da parte dello psicoterapeuta e del medico specialista), soprattutto nella prima fase, è quindi indispensabile.
Quanto più la diagnosi è precoce (e il paziente giovane), e il trattamento intensivo e completo sotto il profilo medico e psichico, quanto maggiori sono le possibilità di recupero.
In base a quanto esposto, l’intervento psicoterapico nei casi di disturbi del comportamento alimentare in adolescenza è utile per evitare l’aggravamento e la cronicizzazione del disagio e del rischio anche per la salute fisica; esso è finalizzato ad aiutare a sviluppare un senso di sicurezza, attraverso l’integrazione delle polarità sopra evidenziate, promuovendo così un processo di crescita.